Fuori Dai Denti #08 – The Fabelmans (Steven Spielberg, 2022)
Cinema come salvezza ma anche come prigione. Perché le immagini aiutano a combattere la paura di un treno che impatta contro un auto sui binari ma con il tempo, se ti rendi conto di questa funzione “magica” del medium il rischio è quello di legartici troppo, di usarla troppo spesso.
Perché il cinema non è la vita ed eventi come il superamento di una paura o la riconquista di una ragazza da parte del bullo sembrano veri e propri miracoli.
Perché alla fine, probabilmente, quel bullo tornerà ad infastidirti e, sopratutto, i tuoi genitori divorzieranno ugualmente malgrado gli sforzi che hai fatto per salvare la relazione anche attraverso il cinema.
E allora forse ciò che rimane davvero di The Fabelmans è il modo in cui quest’ambigua magia insita nel medium, (che è poi la stessa di film come La Macchina Ammazzacattivi di Rossellini), si rapporta tanto a Sammy quanto a Spielberg stesso. Perché se è indubbio che i Super 8 di Sammy servano al ragazzino per mediare una realtà famigliare traumatica, lo stesso Spielberg, anni dopo, non sembra essersi liberato dall’incantesimo. Perché The Fabelmans, in un fenomenale gioco di specchi, è puntellato di recuperi, di rimandi al suo immaginario (e, tra i tantissimi, forse quello che ho adorato di più è il fantasma del suo War Of The Worlds che viene evocato nella sequenza del tornado). Eppure è evidente che tra lui e Sammy c’è un abisso.
Perché Spielberg, a differenza di Sammy, che nascondeva tutto fuori scena (a tal punto che la sua ragazzina del liceo neanche sapeva che i suoi genitori stessero divorziando), malgrado si perda nei meandri di un’immagine che è sempre più orientata, paradossale, diversa dalla realtà e più vicina al ricordo sognato, tiene comunque tutto in campo: il tradimento della madre e le sue crisi depressive, il divorzio dei genitori.
E allora, quella formazione, quel raggiungimento della maturità che è in fondo la spina dorsale tematica (tra le molte) di The Fabelmans, quella liberazione dalla prigione del fotogramma, passa sopratutto dalla capacità di guardare il dramma senza distogliere lo sguardo.
Dopotutto, a margine, tutto il racconto parte proprio da Sammy che ha guardato troppo a lungo lo schermo finendo per esserne quasi traumatizzato.